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Partita IVA: cos’è, come funziona, quando aprirla e come fare?

Guida alla partita IVA per lavoratori autonomi e professionisti: dagli adempimenti per l’apertura fino alla chiusura, passando per la scelta del regime fiscale.

L’apertura della partita IVA è fondamentale per quanti esercitano un’attività lavorativa autonoma, cioè non subordinata. Molti però sono preoccupati in ragione degli adempimenti che bisogna affrontare per poterne diventare titolari. In realtà, come vedremo nel prosieguo, non c’è nulla di così complesso. Con il presente articolo vedremo cos’è e come funziona una partita IVA, quando aprirla e come fare. Procediamo con ordine.

Indice

Cos’è la partita IVA?

La Partita IVA consente all’Agenzia delle Entrate di identificare in maniera univoca un libero professionista o un’azienda grazie a un codice composto da 11 cifre.

Le prime sette cifre sono una sorta di numero di matricola dell’intestatario della Partita IVA o dell’azienda a cui fa riferimento; le cifre dall’ottava alla decima servono per l’identificazione territoriale da parte dell’Agenzia delle Entrate; l’undicesima e ultima cifra è un carattere di controllo.

A cosa serve la partita IVA?

La partita IVA svolge una doppia funzione:

il professionista o l’azienda possono utilizzarla per emettere fattura;l’erario, invece, può utilizzarla per identificare il lavoratore autonomo o l’impresa e verificare che i pagamenti di tasse e imposte dovuti (come Irpef, Irap, Iva, contributi Inps, assicurazione Inail e altri) siano stati effettivamente effettuati.Come aprire una Partita IVA?

Prima di aprire una partita IVA occorre effettuare alcune verifiche preliminari indispensabili per delineare con esattezza i contorni dell’attività professionale o imprenditoriale.

Nello specifico occorre:

individuare il codice ATECO, cioè il codice numerico che identifica una certa attività lavorativa (qui la lista aggiornata dell’ISTAT);scegliere il regime fiscale a cui aderire (vedremo in seguito quali sono);individuare la cassa previdenziale alla quale iscriversi per versare i contributi (Cassa forense per gli avvocati, ecc.).

Fatto questo, per aprire una partita IVA bisogna compilare:

il modello AA9/12 per le persone fisiche (ad esempio, i liberi professionisti e tutti coloro che non sono tenuti a iscriversi nel Registro delle imprese);il modello AA7/10 per soggetti diversi.

In entrambi i casi, la dichiarazione va consegnata entro 30 giorni dall’inizio dell’attività stessa.

I moduli debitamente compilati possono essere presentati:

di persona (o tramite un delegato) in duplice copia presso uno degli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate;tramite raccomandata in copia singola, allegando una copia fotostatica del documento di identità dell’intestatario;attraverso i canali telematici dell’Agenzia direttamente dal contribuente o da un suo delegato/incaricato (Caf, ecc.).

Tra i vari documenti richiesti, per aprire una partita IVA è necessario avere una casella di posta elettronica certificata, tramite la quale inviare e ricevere comunicazioni dall’Agenzia delle Entrate.

Quanto costa aprire una Partita IVA?

Aprire una partita IVA non costa nulla, nel senso che non occorre pagare tasse per gli adempimenti analizzati nel precedente paragrafo.

Se invece ci si affida a un professionista (commercialista, ecc.) per svolgere la pratica, i costi per l’apertura della partita IVA possono variare da 100 euro a 300 euro, a seconda della parcella che il professionista intende applicare.

Partita IVA: quali sono i regimi fiscali?

Il sistema fiscale italiano prevede tre regimi fiscali ai quali i titolari di partita IVA possono aderire; la scelta determinerà la base imponibile sulla quale pagare le tasse e i contributi.

Di seguito o tre regimi fiscali previsti per le partite IVA italiane:

Regime ordinario. Anche se più complesso da gestire, il regime ordinario è quello che garantisce la maggior libertà e la maggior versatilità. L’azienda (molto raramente un libero professionista opta per questo regime) potrà infatti portare in detrazione spese sostenute, scaricare l’IVA e altre operazioni contabili che, nel lungo periodo, potrebbero portare diversi vantaggi;Regime semplificato. Un professionista che opta per la partita IVA con regime semplificato dovrà pagare l’Irpef in maniera progressiva, con primo scaglione al 23% e ultimo scaglione al 43%. Anche in questo caso sarà possibile scaricare spese e IVA, ma ci sono precisi vincoli di fatturato annuo da rispettare;Regime forfettario. Tra i tre, è quello che maggiormente agevola il libero professionista. Per aprire una partita IVA forfettaria occorre rispettare diversi parametri e criteri, che restringono l’accesso alla sua imposizione fiscale favorevole.Cos’è la partita IVA in regime forfettario?

Tra i regimi fiscali dedicati ai titolari di partita IVA, quello forfettario è sicuramente il più “allettante” per piccoli professionisti.

Rispetto al regime ordinario e al regime semplificato, la partita IVA forfettaria richiede un numero minore di adempimenti burocratici (non è necessario, ad esempio, compilare i registri contabili, registrare le detrazioni o, ancora, effettuare la dichiarazione IVA) e garantisce una tassazione decisamente agevolata.

La partita IVA in regime forfettario prevede alcuni vincoli e cause di esclusione che ne restringono fortemente le possibilità di accesso. Per aprire una partita IVA forfettaria è necessario:

avere un fatturato inferiore a 85mila euro annui;aver sostenuto spese annuali inferiori a 20mila euro lordi per lavoratori dipendenti, a collaboratori, soci e familiari;non esercitare già attività d’impresa;non svolgere l’attività prevalente per una società o un’azienda con la quale sono in essere o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta;non aver percepito redditi da lavoro dipendente o assimilato superiori a 30mila euro annui.

Rispettando questi vincoli, si potrà aprire la partita IVA forfettaria seguendo la stessa procedura che abbiamo descritto in precedenza.

Sul fronte della tassazione, come detto, la partita IVA forfettaria garantisce un regime favorevole. I lavoratori autonomi che la scelgono pagheranno il 15% di tasse sul reddito imponibile (che scende al 5% per i primi cinque anni di attività).

Il calcolo dell’imponibile è legato al codice di redditività dell’attività professionale svolta (ossia, al codice ATECO scelto in fase di apertura della partita IVA) e varia da un minimo del 40% a un massimo del 78%.

Se Carlo ha fatturato 10.000 euro, il suo imponibile può essere di 4.000 euro, di 6.700 euro o 7.800 euro a seconda del lavoro che fa. Per calcolare le tasse sarà sufficiente moltiplicare l’imponibile per 0,15 e si otterrà l’ammontare totale (600 euro nel primo caso; 1.005 euro nel secondo caso; 1.180 euro nel terzo caso). A questa cifra vanno poi sommati i contributi, sempre calcolati in base all’imponibile e alla cassa previdenziale a cui si aderisce.

Come chiudere una partita IVA?

Nel caso in cui l’attività lavorativo non abbia ottenuto i risultati sperati, è sempre possibile chiudere la partita IVA. La procedura da seguire non è troppo differente rispetto a quella vista per la sua apertura.

Anche in questa ipotesi, infatti, bisognerà compilare e inviare all’Agenzia delle Entrate il modulo AA9/12 o AA7/10 (dipende se si trattava di una partita IVA per persone fisiche o no) entro 30 giorni dal termine dell’attività.

La partita IVA viene inoltre chiusa d’ufficio in caso di 3 anni di inattività continuativa.

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